SVEZIA: “1 ORA DI ALLENAMENTO AL LAVORO O SEI FUORI!”

Un sondaggio del 2014 di Eurobarometro dice che il 70% degli svedesi si allena per almeno un’ora alla settimana. Questo dato è molto influenzato dal fatto che molte aziende richiedono una determinata frequenza di allenamento per poter mantenere il lavoro.

Naturalmente questa pratica non può che trovarmi d’accordo e la considero, anzi, lungimirante: alcuni potrebbero pensare che questa sia una prevaricazione nel privato del lavoratore, tuttavia, come cerco di spiegare in questo blog e come ho cercato di scrivere nel mio libro ‘Tempo al Tempio’, una pratica di allenamento non va solo a cambiare i muscoli o i tessuti ma crea una vera e propria rivoluzione nello stile di vita.

svvvvUn semplice esercizio per modificare la respirazione ci fa apparire più belli al primo colpo d’occhio, con una pratica consapevole ed esercizi mirati alla elasticizzazione e al miglioramento dei nostri tessuti anche la nostra giornata e la nostra mente diventano più elastici, e queste sono particolarità che un’azienda può richiedere.

Un professionista più flessibile è anche più pronto a superare gli ostacoli e, ancora una volta, ripeto che l’allenamento fisico influenza anche lo stato mentale, diventando una risorsa preziosa nel mondo del lavoro.

Quindi tutti come la Svezia?

Qui inizia qualche punto critico: prima di tutto dipende molto da come ci si allena.

L’imposizione di un allenamento deve essere anche accompagnata da scelte e da professionisti che conducano la persona proprio verso quella elasticità che il mondo del lavoro richiede. Questo vuol dire che semplicemente mandare la persona all’interno di una palestra sperando che si attacchi ai macchinari per un’ora è forse peggio che non mandarla proprio, perché tornerà più stanca e più infastidita di prima.

svvvvvIl professionista deve essere affiancato da un coach e fare un lavoro sul proprio individuale fisico e stile di vita.

ATTENTI PERO’

Detto questo, avrete capito quanto sono favorevole alla proposta, ritengo tuttavia che il percorso di crescita personale sia un percorso che deve nascere spontaneamente, ed unirlo troppo a motivazioni professionali è, secondo me, una pratica molto rischiosa in una prospettiva ancora più lungimirante.

La crescita tanto fisica che mentale deve essere un atto libero anche da costrizioni professionali, in quanto resta molto pericoloso legare la propria ricerca personale ad un ambiente lavorativo che, va da sè, può venire a mancare o avere alti e bassi.

Buona idea, quindi, ma dipende come la si mette in atto. Non tutto ciò che viene dall’estero è per forza buono.

svvSimone Maffioletti

Pubblicato da Simone Maffioletti

Coach, personaggio pubblico

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