Mary Cain, New York classe 1996, è stata la mezzofondista statunitense più promettente del 2013, la più giovane rappresentante USA nell’atletica mondiale, ma nel 2019 rilascia al New York Times una lunga intervista dove denuncia la Nike per averla rovinata fisicamente ed emotivamente, oltre a distruggere la sua carriera di atleta. Il coach responsabile del ‘Nike Oregon Project’ è Alberto Salazar, che viene accusato di aver portato avanti negli anni un programma che fisicamente ed emotivamente ha abusato della ragazza fino a causarle gravi e irreparabili problemi psicologici e fisici, tra i quali 3 anni senza ciclo, 5 fratture ossee a causa di osteoporosi e una prolungata esperienza di autolesionismo.
Dopo aver letto l’articolo, leggi la mia opinione da Coach
L’INIZIO DELL’INCUBO: IL “NIKE ORANGE PROJECT” ERA IL SOGNO
La storia di Mary Cain inizia quando ha 16 anni, e Alberto Salazar la nota mentre ancora frequenta il liceo.Le sue performance sono impressionanti: Mary si distingue da tutti come mezzofondista, tanto che Alberto le propone di entrare nel “Nike Oregon Project”, all’epoca il progetto di sviluppo Atletico più importante e più ricco di tutti gli Stati Uniti, fondato e finanziato dalla Nike.
Alberto Salazar stesso conta nel suo curriculum la vittoria della maratona di New York e il IAAF, Coaching Achievement Awards.
Nel 2012 inizia ufficialmente la collaborazione tra Mary il progetto Oregon: il lavoro fatto insieme si concretizzerà l’anno successivo, nel 2013, con l’arrivo in finale ai mondiali di Mosca nei 1500 m piani, che fa diventare Mary la più giovane atleta a rappresentare gli USA nel mondo e a vincere il titolo di ‘Best female athlete’.
I PRIMI DUBBI SU NIKE E IL METODO SALAZAR
Mary si fida completamente del ricchissimo apparato che le viene dispiegato intorno. Tuttavia la realtà è diversa: i comportamenti di Alberto Salazar diventano sempre più persecutori e Mary si trova all’interno di un ambiente dove non ha sostegno, alleati e via di fuga.
Per prima cosa lo staff di Alberto è composto volontariamente da soli uomini, tutte figure che non sono professionalmente preparate ma, come punto in comune, hanno unicamente l’amicizia con Alberto.
Il vero problema rimane, comunque, Alberto stesso: sembra avere una vera e propria mania per la perdita del peso.
Imposta per Mary un peso ideale a 51,7 kg, senza riportare alcuno studio o alcuna giustificazione per tale decisione.
Mary viene spinta quotidianamente a dimagrire e diventare sempre più snella senza alcun accompagnamento alla perdita di peso. Le pesate quotidiane sono fatte davanti a tutti e derise se non soddisfacenti. Ad affiancare il suo percorso non ci sono né psicologi dello sport né nutrizionisti, non c’è nessuna figura che controlli quello che sta succedendo a livello scientifico e medico.
Steve Magness, ex collaboratore di Salazar e diventato poi ‘gola profonda’, dichiarerà che spesso sente dire ad Alberto Salazar: “…non mi importa niente di cosa dice la scienza, ha il culo troppo grosso e sono i miei occhi che devono decidere!”
Mary cerca di confidare i suoi dubbi ai membri dello staff, ma si sente rispondere le stesse identiche parole di Alberto da tutti, come se ci fosse un copione programmato.
“…NON MI IMPORTA DELLA SCIENZA, HA IL CULO TROPPO GROSSO!”
La dieta si fa ferrea e vengono assunte sempre più pillole per dimagrire.
Mary dice che tutta la sua concentrazione non è più rivolta alla preparazione fisica ma è semplicemente rivolta a perdere peso. Scoprirà solo successivamente che in questo periodo, a causa di queste condotte, sviluppa la RED-S Syndrome, con un calo totale degli estrogeni, un’interruzione del ciclo per tre anni di fila, nutrienti assenti dalla sua dieta fino all’indebolimento delle ossa che le causa 5 fratture di seguito e una anomala osteoporosi sviluppatasi in brevissimo tempo. Inizia anche a dimostrare chiari sintomi psichiatrici, infliggendosi tagli su tutto il corpo e praticando diversi tipi di autolesionismo.
Confida Mary che, a quel punto della sua vita, se prima il pensiero era solo perdere peso, adesso era se e come sopravvivere.
LA FINE DELL’INCUBO
Un giorno Mary confida tutto ai suoi genitori: è un vaso di Pandora.
Viene finalmente convinta a rivelare tutto e nel 2019 contatta il New York Times.
A Ottobre la Nike è costretta a chiudere il programma Orange dichiarando di non essere mai stata a conoscenza di quello che succedeva, ed uscendone praticamente illesa.
Salazar è condannato a 4 anni di allontanamento da ogni tipo di funzione sportiva.
Mary, da atleta più promettente degli Stati Uniti, si scopre rovinata come carriera, fisicamente ed emotivamente da un Brand che non ha fatto attenzione sufficiente a chi seguiva gli atleti.
A seguito della denuncia di Mary, molte altre ragazze prendono coraggio e riportano esperienze uguali o simili dovute a Salazar e Nike.
LEGGI LA MIA OPINIONE DA COACH IN VIDEO SUL CASO MARY CAIN
Ti è piaciuto l’articolo?
L’hai trovato utile o interessante?
Lascia un commento o metti Like.
#SimoneMaffioletti